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Il cronografo secondo Tudor

DATA
12 Aprile 2020
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Amici di ItalianWatchSpotter, oggi torniamo a parlare di una pietra miliare dell’orologeria: il cronografo. Lo faremo portandovi alla scoperta della storia dei cronografi prodotti da Tudor.

Molto spesso questa maison viene un po’ sottovalutata per via del suo rapporto con Rolex. Essa infatti è da sempre considerata come una sorta di sorella minore. Tudor nasce nel 1926, quando la casa Veuve de Philippe Huter registra per conto di Hans Wilsdorf, già fondatore di Rolex, il marchio “The TUDOR”. Esso nasce dall’idea, dichiarata proprio da Wilsdorf, di creare un brand di ottima qualità a prezzi più contenuti, da sempre il leit motiv di Tudor.

“Da anni sto studiando la possibilità di realizzare orologi che i nostri concessionari possano vendere a un prezzo minore dei nostri Rolex, ma che possano godere della stessa tradizionale fiducia. Ho dunque deciso di fondare une società dedita alla creazione e alla vendita di questi nuovi orologi. Questa società si chiamerà Montres TUDOR S.A.” — Hans Wilsdorf


I primi modelli

Nel corso del tempo Tudor ha prodotto diversi tipi di orologi. Tra questi a spiccare è sicuramente l’Oyster Prince, modello del 1952, che, per volere del signor Wilsdorf, condivideva con la casa più blasonata la caratteristica cassa Oyster impermeabile e l’originale meccanismo automatico a rotore Perpetual, entrambi esclusive uniche di Rolex.

Il primo cronografo

Negli anni la produzione Tudor si è diversificata fino alla nascita del primo cronografo nel 1970. La prima serie, chiamata Oysterdate, rappresentava una vera e propria scommessa per il mondo dell’orologeria.

Questo era dotato di  una cassa da 39mm molto grande e imponente per gli standard dell’epoca ed anche il quadrante andava oltre i canoni di gusto del tempo. Le due referenze prodotte, la 7031/0 e la 7032/0, avevano un quadrante identico, con sfondo grigio, contatori neri e indici in un’inconsueta forma pentagonale.

Fu una scommessa vinta: i colori vivaci, le dimensioni e il calibro meccanico a carica manuale Valijoux 7734 catturarono sin da subito l’interesse degli appassionati. Si noti un (curioso) particolare: questi due modelli mostravano ancora il legame con Rolex, entrambi infatti avevano la corona di carica con l’incisione del logo Rolex, mentre il fondello riportava l’incisione “Original Oyster Case by Rolex Geneva”.


Le serie successive

1971 – Oysterdate Montecarlo

L’anno successivo, nel 1971, Tudor dà vita ad una seconda generazione di cronografi con il nome di Oysterdate “Montecarlo”, caratterizzati da toni ancora più vivaci e variopinti. Il nome, infatti, deriva proprio dai quadranti, che ricordano i dischi colorati delle roulette dei casinò.

Le dimensioni rimangono identiche, ma all’interno viene sostituito il vecchio calibro con uno più performante ed affidabile: il Valijoux 234 a carica manuale che, grazie alle sue 21600 alternanze l’ora e un sistema cronografico a frizione e a ruota a colonne, garantisce a chi lo porta al polso una maggiore precisione. Una novità assoluta è la referenza 7169/0 che esibisce, al posto della classica lunetta con scala tachimetrica, una lunetta girevole, con la nuova colorazione blu, grigio e dettagli arancioni, atta a leggere l’ora di un secondo fuso orario.


1976 – Oysterdate Big Block

Nel 1976 si assiste ad un’altra rivoluzione, Tudor presenta i nuovi Prince Oysterdate: i primi cronografi dotati di movimento automatico.

Le linee rimangono pressoché identiche, anche se, per fare posto al nuovo movimento automatico, lo spessore della cassa aumenta – modifica che varrà agli orologi di questa serie il soprannome di “Big Block”. Con l’avvento di questa serie, Tudor dividerà la produzione in due filoni. Uno rimanda direttamente ai colori e al design delle serie precedenti, in cui spicca il grigio, l’arancione ed il blu. L’altro punta ad una linea più classica favorendo combinazioni di colori come bianco e nero. 


1995 – Prince Oysterdate

Nel 1995 esce la quarta serie di cronografi con le referenze 79200. Queste presentano alcune differenze: le linee imponenti dei Big Block vengono riviste e smussate, addolcite; anche la lunetta viene sostituita, dall’inserto in plexiglas si passa infatti ad uno in alluminio anodizzato nero con indici decalcati.

A cambiare è pure il calibro Valijoux 7750, che viene proposto in una versione rivista e migliorata. I quadranti diventano ancora più raffinati: bianchi o argenté con  contatori in color crema. In questa serie, con cui Tudor celebra i suoi 50 anni di storia, dalle casse, dalle corone di carica e dai bracciali scompaiono definitivamente i riferimenti a Rolex.


Il cronografo Tudor oggi

Oggi Tudor ha nel proprio listino molti modelli chrono dagli stili  più svariati e con diverse personalizzazioni.

In particolare, la maison di Ginevra ha dato una svolta alla sua collezione con l’inserimento all’interno dei propri segnatempo di un movimento di manifattura, l’MT5813, che dona un valore diverso all’orologio stesso. La dimensione si accosta ai canoni ed ai gusti moderni, proponendo una cassa con diametro 41mm. Anche la scelta dei materiali si uniforma a quella che è la richiesta attuale: l’acciaio, declinato in diverse versioni, in particolare con rivestimenti PVD.

La referenza che più mi ha intrigato è l’M79363N-0001, conosciuto anche con il nome Black Bay Chrono S&G.

La presenza dell’oro giallo nelle maglie centrali del bracciale, sulla corona, nei pulsanti a vite, e sul bordo della lunetta, è misurata, mai invasiva e dona un tocco di particolare eleganza, smorzando la sportività del modello. Il quadrante nero opaco, con contatori champagne leggermente bombati, è adeguato al complesso e non stona, anzi, limita l’esuberanza dell’oro giallo.

Nel complesso, quindi, rappresenta un ottimo modello con cui Tudor ha dato una bella scossa alla collezione Black Bay, confermando la tendenza al ritorno dell’acciaio-oro. Unica pecca: si tratta di “incamiciato oro”, che tende a sbiadire quindi con il tempo e l’utilizzo.

Il mercato

Il mercato dei Tudor nel tempo è rimasto quasi immutato ma tendente ad una lieve rivalutazione. Infatti i prezzi per i diversi modelli si aggirano, in base allo stato delle loro condizioni e del corredo con cui vengono offerti, tra i 3mila ed i 6mila Euro. Un’eccezione è rappresentata dal Tudor Montecarlo le cui quotazioni sono ben più alte e oscillano tra i 12mila ed i 20mila Euro.

Invece, il prezzo di listino del modello attuale S&G è 6.500 €, un prezzo molto basso rispetto al concorrente, simile ma più blasonato, Rolex Daytona. Il prezzo è in linea con la qualità che offre e, a mio giudizio, non si discosta molto dalla qualità offerta dalla più costosa e rinomata Rolex.

Certo è che il Daytona ha una storia, un blasone e un appeal molto più ampio. È diventato ormai uno status symbol e sappiamo che rappresenta anche un ottimo investimento, in quanto le sue quotazioni sono ai massimi storici. Potrebbe sembrare una ingiustizia nei confronti del “piccolo” Tudor, ma noi appassionati di orologeria sappiamo bene che, a volte, se ci si vuole mettere al polso la storia e il blasone bisogna essere disposti a spendere cifre molto più alte dell’effettivo valore.

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